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Balzelli d’Italia
Il "decreto del fare" varato recentemente dal governo ha rinviato dal 1° luglio al 1° settembre l'entrata in vigore della Tobin Tax sui derivati. Inoltre, è previsto lo slittamento della data di incasso del prelievo: inizialmente veniva indicato il 16 luglio come data del pagamento, ma dal momento che non sono stati ancora definiti i criteri e le modalità di versamento, oltre che di assolvimento della tassa, il legislatore ha pensato bene di prorogare la data per il versamento al 16 ottobre. Lo slittamento al 1° settembre riguarda anche l'imposta sul trading ad alta frequenza (Hft) sui derivati; l’impostazione degli intermediari sembra, comunque, orientata a favorire i traders che non si avvalgono di uno strumento automatico di inoltro degli ordini a mercato.
A differenza delle azioni sulle quali l’imposta viene calcolata con aliquota percentuale 0.12% (per il 2013), sui derivati invece si paga una tariffa fissa che varia in funzione dello strumento e del valore nozionale del contratto scambiato; inoltre deve essere corrisposta sia dall’acquirente che dal venditore e non è esentata l’operatività intraday. Per i derivati scambiati sul mercato non regolamentato (Otc) l’onere sarà più gravoso, in quanto l’imposta è ben 5 volte superiore rispetto a quella prevista per gli strumenti scambiati sui mercati regolamentati.
Per avere un’idea dell’impatto della Tobin Tax sull’operatività in derivati, è possibile effettuare delle simulazione sul sito www.tobin-tax.it; acquistando, ad esempio, 1 contratto sul FTSE Mib Future ai prezzi attuali (circa 16.200 punti) si pagherà una tassa di soli 30 centesimi (0.15€ in entrata e 0.15€ in uscita). Nell’ipotesi in cui il FTSE Mib dovesse apprezzarsi salendo sopra quota 20.000 punti, il costo della Tobin Tax salirà considerevolmente fino a 1.50 euro.
L’impatto sull’operatività nei mercati regolamentati sembra modesto mentre più gravoso sarà su quelli Otc (ad esempio i Cfd con sottostante un titolo o un indice italiano). In ogni caso risulta una imposta piuttosto “indigesta” agli investitori, in quanto si pagherà a prescindere dall’esito del trades e quindi anche su operazioni in perdita. L’alternativa per dribblare il balzello è piuttosto semplice: basta negoziare derivati con sottostanti indici e azioni esteri che spesso risultano anche più liquidi, trasparenti e con orari di negoziazione più lunghi.
Intanto, dalle ultime stime, gli introiti che lo Stato avrà dalla Tobin Tax saranno risibili: a fronte di uno gettito stimato e atteso di circa 85 milioni di euro al mese, gli incassi saranno di gran lunga sotto le previsioni, infatti a stento si riuscirà a raggiungere la soglia dei 25 milioni al mese; con la conseguenza che lo Stato dovrà reperire altrove il gettito mancante, mentre gli investitori si trovano a tradare strumenti (sui quali grava il prelievo) poco liquidi e fortemente volatili, che spesso inducono a migrare su strumenti finanziari esteri (free Tobin Tax)
A livello europeo, si è appreso che la tassa sarà estesa a tutti gli strumenti finanziari, quindi saranno tassati anche i titoli di Stato , oltre che le azioni e i derivati. L’Italia e la Spagna, nonostante facciano parte delle 11 nazioni che hanno aderito alla cooperazione rafforzata a favore della Tobin Tax, non sono affatto favorevoli a questa estensione. Trattandosi di paesi che sono tra i principali venditori del debito pubblico sul mercato secondario, sono consapevoli che i propri bond perderebbero di appetibilità se gravati di ulteriori costi di transazioni, da qui la necessità di dover aumentare i tassi.
Pietro Di Lorenzo - Fondatore www.contosulconto.it
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