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Tra meno di un mese al via la Tobin Tax
La recente emanazione dei decreti attuativi ha confermato che l'introduzione della nuova tassa sulle transazioni finanziarie in Italia (Tobin tax) avverrà in 2 fasi: dal prossimo marzo entrerà in vigore sui titoli azionari e dal 1° Luglio colpirà l’operatività sui derivati. In realtà questa imposta dello 0.12% sul valore transato, non colpirà tutte le azioni italiane ma esenterà il pagamento in 3 fattispecie:
1. Quando si chiude la posizione nell'intraday evitando l'overnight
2. Quando si negoziano titoli con una capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro
3. Quando si vende una posizione detenuta in portafoglio, in quanto la tassa si applicherà alle sole operazioni di acquisto.
Utilizzando il simulatore del sito www.tobin.tax.it si scopre che eseguendo una sola operazione multiday al giorno da 20.000€ su una Blue Chips italiana si pagherà una imposta di ben 6.336 euro all'anno. Considerando anche l’impatto delle imposte di bollo e delle commissioni di negoziazione (in media 8€ a eseguito) i costi fissi crescerebbero a 10.770 euro. Ciò vuol dire che avendo a disposizione un capitale di 100.000€ il break even ovvero il punto che consente di pareggiare i soli costi sarebbe oltre il 13%. In effetti reali profitti si avrebbero (considerando anche il capitale gain del 20%) solo dopo aver guadagnato più di 13.000 euro.
Meno gravosa sarà la Tobin Tax italiana che dal 1° Luglio riguarderà anche i derivati con sottostante indici o azioni italiane: Future, Cw, opzioni, certificati, Cfd ecc. A differenza delle azioni, la tassa interesserà sia per le operazioni multiday che intraday fatte con derivati italiani ed inoltre colpirà sia il compratore che il venditore. Sui derivati il regime cambia: si passa dalla aliquota percentuale sulle azioni a una tariffa fissa; la tariffa dipende dal tipo di strumento e dal valore del contratto. Se ad esempio si acquista un Ftse Mib Future ai prezzi attuali (17.700 punti) l’importo dovuto sarà di 0.2€ in acquisto e 0.2€ in vendita. Qualora però l’indice italiano superi i ventimila punti, il valore nozionale del contratto supererebbe i centomila euro (ogni punto vale 5€) e questo renderebbe l’imposta ben più onerosa: si pagherà 1€ in entrata e 1€ in chiusura di trade. Inoltre se il sottostante viene negoziato su un mercato non regolamentato la tariffa è moltiplicata per 5.
Da una ulteriore simulazione fatta sul sito www.tobin-tax.it emerge che un operatore che ogni giorno esegue 5 operazioni sul Ftse Mib Future, ai valori attuali, pagherà 528 euro all’anno di Tobin Tax. Con una operatività così attiva sarebbe il costo delle commissioni di negoziazione a impattare in maniera significativa sui risultati netti: basti pensare che qualora si paghi all’intermediario 6€ per ogni contratto negoziato il costo annuo delle commissioni sarebbe di 15.840 e l’investitore solo per raggiungere il break even ovvero il livello di profitto che copra i costi fissi (bolli, capital gain, tobin tax, commissioni ecc) dovrebbe guadagnare quasi 21.000€
La Tobin Tax italiana esclude i derivati su indici e azioni estere così come il Forex, obbligazioni, commodities, derivati su tassi di interesse ecc. Questo riduce fortemente la capacità di produrre gettito per l’Erario, considerando anche che i market maker sono esentanti; inoltre penalizzerà in maniera consistente i titoli italiani maggiormente capitalizzati e i derivati italiani, spesso necessari per la stabilità del sistema, riducendo in maniera significativa la liquidità del mercato locale in quanto l’investitore avveduto si sposterà verso titoli e derivati esteri molto liquidi (come il Dax, l’Eurostoxx e il Bund) che sono attualmente esentati dall’imposta. Per consultare un video didattico sull’argomento http://www.youtube.com/user/pdilore
Pietro Di Lorenzo - Fondatore www.contosulconto.it
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